Da SIRI alle auto a
guida autonoma, l’intelligenza artificiale sta compiendo passi da
gigante. Mentre il cinema continua a diffondere l’idea di AI attraverso
robot dalle sembianze verosimilmente umane, questa è già parte
integrante degli algoritmi di ricerca di Google e ha portato alla
realizzazione di Watson, un sistema computerizzato IBM in grado di
elaborare risposte compiute a domande poste dagli utenti esterni.
I
ricercatori, tuttavia, già mirano a una intelligenza artificiale ancora
più forte, conosciuta come IA generale o AGI. Se l’IA può
sovraperformare gli essere umani, l’AGI sarebbe in grado di superare
l’uomo in quasi tutti i compiti cognitivi. Un sogno, questo, ancora
distante ma già perseguito con forza.
A questo punto, sorgono alcune domande: quanto sarà utile l’intelligenza artificiale? Potrà sostituire gli spunti creativi dell’uomo? Quale differenza c’è tra lo sviluppo attuale dell’IA e le aspettative create dalle campagne di marketing?
Partiamo con ordine.
Ad oggi, non esiste una
definizione esaustiva di intelligenza artificiale. Informatici e
ricercatori non hanno ancora raggiunto un consenso unanime su un
concetto che, in effetti, comprende una quantità impressionante di
argomenti, che spaziano dall’informatica alla neurologia, sino alla
domanda più complessa di tutte: come funziona l’intelligenza umana?
Secoli di studi hanno portato a ritenere intelligenza quell’insieme di
capacità – psichiche e mentali – che consentono di pensare, comprendere e
spiegare fatti ed elaborare modelli astratti partendo dalla realtà.
Seppur rimanendo vaghi, possiamo definire intelligenza artificiale
quella branca della scienza che si occupa di creare macchine
intelligenti in grado di risolvere nuovi problemi e che sfrutta il
progredire dell’informatica per provare a ottenere un simile,
avveniristico risultato. Traendo infatti ispirazione dall’intelligenza
umana, siamo stati in grado di costruire computer che imitino parte dei
suoi meccanismi tipici. I sistemi di IA sinora realizzati risultano
infatti intelligenti in senso lato: un software consente di guidare
autonomamente un’auto rispettando il codice della strada, ma solo
imitando meccanismi precedentemente impostati.
Nel corso dei
decenni, i tentativi di giungere a una vera e propria IA sono stati
tanti e si sono mossi in due direzioni principali:
– osservazione del comportamento umano in ogni suo aspetto per costruire software che imitino i nostri progetti logici;
– prendere la realtà come punto di partenza e sulla base dei dati da
essa fornita lasciare che sia l’IA a elaborare un proprio metodo di
comportamento.
I due approcci si sono spesso incrociati: l’uno
difatti non esclude l’altro e questo avviene perché i progettisti, in
fondo, sono esseri umani e il loro modo di pensare e agire si riflette
nella progettazione stessa dell’IA.
Intelligenza artificiale: impatto positivo o negativo?
Al fine di mantenere un impatto positivo dell’IA sulla società, la
ricerca prosegue nei campi più svariati, dall’economia alla
giurisprudenza, senza perdere di vista l’importanza di caratteristiche
tecniche come la sicurezza e il controllo. È infatti necessario che un
sistema di IA sia efficace e sicuro nel caso in cui controlli, ad
esempio, un’auto, una rete elettrica, un pacemaker.
Cosa accadrebbe
se l’intelligenza artificiale progredisse al punto da poter essere
equiparata all’uomo in ambiti e compiti cognitivi? Dopotutto, già nel
1965 I.J. Buono sottolineava che la progettazione stessa di sistemi IA
più intelligenti è un compito cognitivo. Otterremmo così una super
intelligenza, superiore a quella umana, che potrebbe aiutare l’uomo a
risolvere problemi sinora irrisolti.
Al tempo stesso, l’intelligenza
artificiale potrebbe essere pericolosa: potrebbe essere programmata per
produrre effetti devastanti oppure perseguire obiettivi utili
attraverso mezzi distruttivi.
A livello globale, si sta svolgendo un interessante dibattito su quello che sarà il futuro dell’intelligenza artificiale e sugli impatti che avrà sull’uomo. Ci si chiede, ad esempio, quali impatti avrà sul mondo del lavoro, se e quando sarà sviluppata l’IA a livello umano e se sia il caso di temere o accogliere questi sviluppi. Analizziamo perciò alcuni dei miti più comuni.
1)Il primo mito riguarda la timeline: quanto ci vorrà prima che le
macchine superino di molto l’intelligenza a livello umano? Non abbiamo
ancora una risposta.
Le previsioni degli studiosi non potrebbero
essere più divergenti: alcuni si schierano per una timeline breve,
prevedendo lo sviluppo di un’IA superumana già in questo secolo alla
luce dei passi da gigante compiuti dall’informatica; altri invece sono
quasi certi del contrario, ritenendo che sia fisicamente impossibile la
realizzazione di un’IA di tale portata.
2) Il secondo mito riguarda il timore che le macchine possano prendere il sopravvento, animate da malevolenza.
Un’IA è, per definizione, molto brava nel raggiungere gli obiettivi
preposti e non ha competenze sul bene o sul male: spetta all’uomo –
programmatore far sì che gli obiettivi stessi dell’IA siano in linea con
i nostri, scongiurando perciò ogni rischio di tipo etico e morale.
Quali aspettative concrete ci sono sull’intelligenza artificiale?
Ricercatori e aziende, per motivi di marketing, tendono a promuovere
come intelligenze artificiali sistemi ben lontani dall’intelligenza
stessa. La definizione stessa di IA, molto sfumata e poco chiara, viene
infatti applicata ai prodotti proposti con estrema leggerezza, quasi
fosse uno specchietto per le allodole.
Ciò non vuol dire che
l’intelligenza artificiale sia stupida o inutile: è indubbio che alcune
macchine siano in grado di analizzare quantità di dati gigantesche e che
consentano di ampliare campi di ricerca come reti neurali e deep
learning, ma i risultati sinora ottenuti sono più circoscritti di quanto
alcuni articoli e annunci provino a farci credere. Lo stesso sistema
SIRI è più banale di quanto si creda e un forno a microonde intelligente
in grado di regolare i minuti di cottura riesce a raggiungere questo
risultato grazie alla lettura del codice a barre del prodotto e alla
ricerca di dati online.
Entrambi gli esempi riguardano prodotti
validi, ma che contribuiscono a creare un’idea distorta di IA e del
futuro della tecnologia.
Il settore lavorativo, dal canto suo,
sembra venire continuamente minacciato dalla prospettiva di macchine
intelligenti in grado di rimpiazzare completamente la creatività e le
capacità dell’uomo.
La transizione verso le IA è un processo lungo,
sinora costellato di previsioni contraddittorie in termini di tempo,
risultati, impatti sull’uomo. Case automobilistiche e aziende come
Google, Amazon e Facebook stanno investendo molte risorse per produrre
intelligenze artificiali, ma dobbiamo tenere a mente che queste lo
saranno in senso lato. La creatività e la capacità di pensare, almeno
per il momento, rimangono prerogative dell’essere umano.