Scienza, empatia e gentilezza per raggiungere al meglio i nostri obiettivi
Le applicazioni delle neuroscienze sono tantissime e hanno rivoluzionato l’approccio di molte professioni, ma se vi dicessimo che oggi possono essere applicate anche al coaching? Pensiamoci bene: il lavoro del coach è finalizzato al supporto della persona e del professionista per il raggiungimento dei suoi obiettivi e le neuroscienze possono rivelarsi uno strumento efficace per affrontare le sfide odierne in maniera efficace e con maggiore consapevolezza.
Per questo motivo, il gruppo di ricerca dell’Associazione Italiana Coach Professionisti (AICP), ha condotto un approfondimento sul tema e realizzato un manuale di riferimento in cui vengono delineate le linee guida utili.
La prima parte del manuale è dedicata all’esame dell’attività del coach e alla possibilità che questa possa andare di pari passo con le potenzialità cerebrali: per questo motivo vengono descritte la fisiologia degli emisferi cerebrali e del midollo spinali, la neurogenesi e la neuroplasticità del cervello e gli aspetti della comunicazione sinaptica che avviene tra i 100 miliardi di neuroni che lo compongono, con un’attenzione particolare dedicata ai neurotrasmettitori in questo linguaggio così sofisticato.
Il linguaggio è la competenza che più distingue l’uomo tra le specie, ma è anche il mezzo più qualificante della comunicazione tra coach e coachee. Il linguaggio si fonda sui canali bidirezionali del parlare e dell’ascoltare, su presupposti neurologici, su implicazioni di significato e metafora in cui la parola, con il suo potere neuroplastico, viene codificata. Dal linguaggio al respiro il passo è breve e il respiro “consapevole” del qui e ora favorisce il cambiamento cognitivo, emozionale e fisiologico.
Le neuroscienze ci permettono anche di concentrarci su aspetti come la gentilezza, che diviene modalità evolutiva che favorisce sia la nostra sopravvivenza che il nostro benessere: gli impatti della gentilezza riguardano la nostra fisiologia, ma anche i riflessi emotivi e cognitivi, per cui essere per esempio sia gentili che ottimisti che permetterebbe di raggiungere i nostri obiettivi più agilmente. Anche la musica migliora il processo di coaching, creando emozioni che possono aiutare a recuperare i ricordi, ad aumentare il potere di visualizzazione e a regolare l’umore.
L’ultima parte del manuale è invece dedicato al tema del tempo nelle sessioni di coaching e vengono presi in esami i cicli circadiani e cronotipi. La sessione di coaching, infatti, è condizionata anche dalla nostra neurocezione e diventa così fondamentale creare setting sicuri e stimolanti.
Riallineare per esempio cuore e mente attraverso processi di integrazione emisferica consente di attivare tutto il nostro potenziale di apprendimento e di scelta delle risorse da usare in una determinata situazione.
Fare coaching, utilizzando anche le neuroscienze, avvalora l’importanza di uno stile di vita ideare per avere una sana longevità e ci riallinea verso comportamenti virtuosi che ci aiutano a raggiungere i nostri obiettivi, siano essi professionali oppure professionali.