Riprogettare gli spazi grazie alle neuroscienze

Gen 10, 2023 | Neuroscienze

Vi siete mai chiesti perché un ufficio o un’istituzione pubblica assumano proprio quella forma o quale sia quella appropriata? A rispondere a questa domanda, che riguarda architettura, storia e filosofia, pensano oggi le neuroscienze e uno studio portato avanti dall’architetto e docente allo Iuav di Venezia Davide Ruzzon.

Il punto di partenza è stato un albero. Secondo Ruzzon, indipendentemente dal contesto culturale in cui ci troviamo, vi è una preferenza innata per una certa tipologia di paesaggio: in Africa, per esempio, la savana è dominata dalla presenza dell’acacia, un albero che presenta una biforcazione bassa che consente all’uomo di salire facilmente e innesca così un’attività motoria. Ruzzon si è domandato, perciò, se questa disposizione motoria fosse limitata agli alberi e la risposta, ovviamente, è stata negativa.

L’interazione dell’uomo con lo spazio dà vita a schemi che hanno connotazioni fisiologiche ed effetti sulla filosofia del linguaggio e del corpo stesso: pensiamo, per esempio, a un tuffo nell’acqua oppure alla scalata verso una vetta.

In che modo percepiamo gli spazi e quali sono le reazioni dell’uomo?

Per rispondere a queste domande, Ruzzon ha condotto alcuni studi finanzianti da Lombardini22 e Cnr, sotto la supervisione del neuroscienziato Giacomo Rizzolati e insieme a Giovanni Vecchiato, Paolo Presti, Pietro Avanzini e Fausto Caruana.

Gli studi sono stati condotti su un gruppo di persone dotate di casco Eeg in ambienti di realtà virtuale, insieme ad alcuni avatar in grado di riprodurre espressioni motorie ben precise ed utilizzati anche come gruppo di controllo. I partecipanti alla ricerca hanno così “vissuto” alcuni ambienti differenti, consentendo al team di scienziati di raccogliere e valutare le reazioni in spazi ad alto e a basso livello di attivazione.

Lo spazio, come osservato dai ricercatori, attiva la percezione emotiva dei corpi che possiamo perciò definire come dinamica: «noi veniamo attivati e deattivati» spiega Ruzzon «in funzione di ciò che vediamo, sperimentiamo con il corpo». L’architettura diventa così navigazione dello spazio in cui siamo immersi che ci influenza.

La progettazione può mitigare lo stress?

Se è vero che lo spazio ci influenza, ci sono spazi che posso aumentare oppure mitigare lo stress, attraverso l’analisi delle attese emotive con strumenti tipici delle neuroscienze. L’approccio portato avanti da Ruzzon, infatti, si propone di rimettere al centro i fruitori dello spazio attraverso un’ottica multidisciplinare. In Italia, tuttavia, c’è ancora moltissimo da fare. Si pensi alle scuole, che risentono di un’impostazione basata sul controllo nonostante la riforma del 1975. Anche il commercio deve rispondere a nuove, grandi sfide come quelle rappresentate dagli e-commerce e dalla necessità di rivedere l’esperienza del centro commerciale, da concepire come attività che porta con sé il rafforzamento del tessuto connettivo della città. Per quanto riguarda invece gli uffici, l’emergenza sanitaria ha insegnato tanto: questo deve essere oggi visto come un hub sociale, un’organizzazione vitale che crei senso di appartenenza. Le neuroscienze, poi, possono intervenire sulla progettazione di città più inclusive, con spazi pubblici adatti alle persone anziane, ai bambini e alle persone con neurodiversità. In questo risiede il sistema vivo ricco di senso che, per lo studioso della fenomenologia urbana David Seamon, fa sì che gli spazi diventino vere e proprie coreografie.

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