La prolungata fase del lavoro agile dovuta all’emergenza sanitaria in corso ha visto l’insorgere di un nuovo fenomeno: il South Working. Sono decine di migliaia i lavoratori – e gli studenti – che lavorano da remoto per aziende situate nel Nord del Paese, pur restando fisicamente al Sud. Questa tendenza è sorta spontaneamente durante i mesi del cosiddetto lockdown, a seguito dell’esodo dalle regioni del Nord ai paesi d’origine e potrebbe essere proposta ancora a lungo.
Quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi?
I south workers, tornando a lavorare dal Sud, potrebbero innanzitutto contribuire ad alleggerire il secolare divario Nord-Sud, sia in termini lavorativi che a livello di infrastrutture digitali, che dovranno essere sempre più incentivate. Ma c’è di più: il rientro di studenti e lavoratori nei paesi di origine potrebbe porre fine allo spopolamento dei piccoli borghi. Si aprirebbero così nuovi scenari nel mondo del lavoro, ma al tempo stesso l’abbandono delle grandi città potrebbe mandare in crisi settori come della ristorazione e quello immobiliare.
Questo fenomeno, oramai non più momentaneo e destinato a durare, impone riflessioni e soluzioni veloci: il lavoro da remoto, da soluzione giocoforza per la sopravvivenza di molte imprese, è ora una realtà con cui fare i conti. E riguarda solo l’Italia: secondo una recente inchiesta di The Economist, “Working life has entered a new era”, non sarà semplice tornare alla vita lavorativa cosiddetta BC (before coronavirus). I datori di lavoro, infatti, risparmiano sui costi e i lavoratori apprezzano il nuovo equilibrio tra vita privata e lavoro. Sul fronte USA, si prevede un cambiamento permanente in favore dello smart working per il 40% delle imprese.
Sarà davvero così? In attesa di scoprirlo, il Sud può godere dei suoi cervelli non più in fuga, destinati a tornare a essere un motore economico importantissimo, ed è necessario andare ben oltre la legislazione attuale.
Lo smart working viene infatti regolamentato dalla legge 81/2017 che pone l’accento sulla flessibilità organizzativa, la volontarietà delle parti che sottoscrivono l’accordo e l’utilizzo di strumenti che consentano di lavorare da remoto.
A questo, bisogna aggiungere le specifiche sullo smart working agevolato, o anche lavoro agile, diventato legge con la conversione del Decreto Rilancio in Gazzetta Ufficiale. A differenza della legge 81/2017, per lo smart working agevolato è necessaria la semplice richiesta da parte del lavoratore, che determina l’obbligo del datore di lavoro ad acconsentire, finché non cesserà lo stato di emergenza. C’è di più: la prestazione lavorativa in smart working agevolato può essere svolta “anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dal datore di lavoro”. Questo consente al datore di lavoro di non fornire device e connessione al lavoratore il quale è spesso chiamato a utilizzare i propri, con le dovute misure di sicurezza.
Una volta superata la fase emergenziale, sarà quindi necessaria una nuova e più equa regolamentazione del lavoro da remoto e una riorganizzazione dei sistemi e della cultura aziendale.