Alle 14:48 di domenica 3 luglio, la capsula spaziale Dragon – la prima realizzata da una società privata, la SpaceX di Elon Musk – è tornata sulla Terra con un ammaraggio nelle acque del Golfo del Messico. Un successo per la società di Musk, che ha ingegnerizzato la missione in collaborazione con la NASA, ma anche per gli USA: questa è infatti la prima missione spaziale dopo il lancio dello Shuttle nel 2011.
Gli astronauti americani Doug Hurley e Bob Behnken erano partiti dal Kennedy Space Center della Nasa a Cape Canaveral (Florida) lo scorso 31 maggio: dopo 64 giorni nello spazio, hanno completato il viaggio di ritorno in 18 ore, a una velocità di 17500 miglia orarie, scesa a 350 miglia all’ora dopo il rientro nell’atmosfera terrestre e 15 Mph con l’apertura di quattro paracadute.
I piani di rientro sono stati modificati nel corso degli ultimi giorni a causa del tornado Isaia in favore delle acque di Pensacola, a 45 anni dall’ammaraggio dell’Apollo.
Per Hurley «è stata un’odissea essere dove siamo ora. Essere stato il primo equipaggio a volare con il Dragon è qualcosa di assolutamente incredibile».
Il successo della missione rappresenta un test importantissimo per SpaceX: lo scopo è infatti quello di ripetere questi voli e riportare gli astronauti nello spazio. Nessuna società privata, sinora, era riuscita a fare così tanto. La stessa Boeing, che collabora con la Nasa su progetti simili di voli spaziali, non ha ancora raggiunto risultati significativi: nonostante abbia ricevuto il doppio dei finanziamenti, il volo di test senza uomini a bordo dello scorso dicembre non ha avuto successo.
Se per Musk «oggi comincia una nuova era delle esplorazioni spaziali», per l’amministratore della Nasa Jim Bridenstine il successo di questa missione marca «una nuova era dei voli spaziali nella quale la Nasa non è più l’unico cliente, proprietario e operatore di tutto l’hardware», ma uno dei molti futuri clienti dei viaggi spaziali. Dal 2014, la Nasa ha assegnato quasi 8 miliardi di commessa a SpaceX e Boeing per lo sviluppo di capsule spaziale moderne, con contratti che consentono all’agenzia spaziale americana di acquistare posti per i propri astronauti in entrambe le società. L’obiettivo è infatti tornare sulla Luna nel 2025 e poi mandare l’uomo su Marte.
L’obiettivo impossibile, quasi più adatto alla trama di un film fantascientifico, potrebbe essere non più solo un traguardo ambito ma anche fattibile.