La strada per il successo è più difficile per le imprenditrici donne?
Traduzione dell’originale di OLGA KHAZAN, pubblicato su TheAtlantic.com il
Non è solo la vecchia guardia ad avere atteggiamenti discriminatori, scrisse:
Justin Mateen … ha dichiarato [presumibilmente] che avere come co-founder una giovane donna “fa sembrare l’azienda un gioco” e la “svaluta”. Oppure le osservazioni di un impiegato ventenne di Twitter, che mi ha detto, “dovresti assumere un tizio dall’aspetto da nerd per rappresentare la tua azienda. Sai, per compensare il tuo aspetto. “
Le donne sono oggi la maggior parte degli studenti universitari e circa la metà di tutti i dirigenti nella forza lavoro, ma nel mondo delle startup se ne contano relativamente poche. Secondo la Fondazione Kauffman le donne rappresentano soltanto circa il 16 per cento dei datori di lavoro e costituiscono solo il 10 per cento dei fondatori di imprese cosiddette “ad alto tasso di crescita” che assumono rapidamente e non altrettanto rapidamente falliscono. In generale, le donne possiedono solo il 36 per cento di tutte le piccole imprese.
Le ragioni di questa disparità sono oggetto di accesi dibattiti nel mondo tecnologico. Per alcuni il motivo risiede nello stereotipo secondo il quale donne sono apparentemente meno attratte dal rischio, o che gli impegni della maternità non possono coincidere con la vita della startup.
Altri sottolineano l’atmosfera iper-macho della Silicon Valley e di altri hub venture. Proprio questa settimana, la CEO ad interim di Reddit, Ellen Pao, ex partner junior nel fondo Kleiner Perkins Caufield & Byers, ha testimoniato in una causa contro il suo ex datore di lavoro, che le avrebbe negato una promozione a causa del suo genere. Tra le questioni poste nel processo c’è la personalità di Pao, ritenuta troppo “spinosa”, e il fatto che la società avesse organizzato una vacanza per soli uomini.
Lakshmi Balachandra, professoressa di imprenditorialità al Babson College, ha affrontato il problema del divario culturale quando ha lavorato presso due aziende -una di venture capital per lo più di sesso maschile, l’altra per lo più femminile – alla fine degli anni ’90. Ha raccontato che quando lavorarava per l’azienda “maschile”, di tanto in tanto gli imprenditori pensavano che fosse una segretaria e che addirittura glielo chiedessero nel bel mezzo di una riunione. Ma soprattutto, i partner dell’azienda “non sapevano cosa fare con me. Come se fossero un po’ più formali” ha detto.
“Ha sentito come se facessero fatica a non essere sessisti?” ho chiesto.
“Sì,” ha detto. “Questo è un modo perfetto per dirlo”.
Uno dei maggiori motivi per cui le donne non iniziano nuove imprese è che le donne imprenditrici hanno più difficoltà nella raccolta di fondi. La Fondazione Kauffman osserva che “per gli imprenditori di sesso maschile il 60 per cento dei finanziamenti di startup è stato ricavato da fonti esterne, come i prestiti bancari o i business angel, rispetto al 48 per cento per le imprenditrici. Le donne imprenditrici sono destinatarie di appena il 19 per cento dei finanziamenti dei business angel e ancora meno di investimenti in capitale di rischio. Il rapporto Babson College (2014) ha rilevato analogamente che, anche se le cose stanno migliorando, le aziende con una CEO femminile hanno ricevuto solo il 3 per cento del totale degli investimenti di capitale di rischio negli ultimi due anni.
Fiona Murray, il decano associato della cattedra all’innovazione al Sloan School of Management del MIT, ha recentemente condotto un esperimento in cui i partecipanti hanno valutato un video di una nuova società utilizzando slide: un testo identico, uno letto da una voce fuori campo maschile, l’altro femminile. Come ha scritto sul Boston Globe Fiona Murrayer, per il progetto raccontato con la voce maschile le possibilità di ricevere finanziamenti sono state il 40% in più rispetto al progetto raccontato dalla voce femminile. “In un esperimento di follow-up, abbiamo riscontrato che i valutatori erano particolarmente favorevoli verso i progetti presentati da uomini attraenti e che le donne attraenti hanno risultati peggiori di uomini e donne non attraenti”, ha aggiunto.
Sarah Thebaud, un’assistente alla cattedra di sociologia dell’Università della California a Santa Barbara, ha deciso di provare a determinare perché persiste questo divario di genere nel finanziamento di startup. In tre esperimenti ha studiato ciò che un gruppo di 178 studenti universitari ha pensato di una serie di business plan e, indirettamente, del genere degli amministratori delle imprese.
Lo studio, pubblicato il mese scorso sulla rivista Social Forces, è stata condotto con due tipi di business plan: uno “innovativo” e l’altro “non innovativo”. Il business non innovativo era una riproposizione di un modello considerato “sicuro” (un negozio di vini tipici), mentre quello innovativo era basato su un idea sperimentale (un negozio che offre ai clienti gli ingredienti, gli strumenti e una guida per effettuare e imbottigliare il proprio vino). “La maggior parte delle aziende tendono a replicare modelli di business simili, una pizzeria può essere un po’ diversa da un’altra, ma in fondo servono la stessa cosa”, ha spiegato Thebaud in un articolo pubblicato dalla University of California. Thebaud ha presentato i soggetti con gli stessi piani aziendali innovativi e non innovativi, ma ha modificato il sesso dei proprietari dell’impresa, chiamandoli Laura, Julie, David e Jason.
I risultati suggeriscono che gli investitori sono meno propensi a sostenere l’imprenditoria femminile perché pensano che le donne non siano intelligenti quanto gli uomini. I partecipanti pensavano che il progetto non innovativo presentato dall’imprenditrice donna era meno competente di quello innovativo, ma il livello di inesperienza non aveva importanza nei feedback rispetto alla competenza degli imprenditori maschi. Le donne con il progetto non innovativo sono state considerate meno competenti rispetto agli uomini che concorrevano con lo stesso progetto.
Thebaud ha testato altri potenziali motivi per spiegare perché le imprenditrici potrebbero essere state screditate, come l’aspetto o il livello dell’impegno percepito. Per Thebaud, il fatto che le “donne innovative”, e non gli uomini, avevano valutazioni di competenza più elevate rispetto ai loro colleghi maschi non innovativi suggerisce che le donne che lanciano iniziative particolarmente intriganti (non semplicemente un negozio di torte, ma una negozio di torte vecchio stile) sembrano più “autenticamente imprenditoriali”. La natura rischiosa delle loro attività potrebbe assimilare queste donne agli uomini. “Questo segnala alla gente che l’imprenditrice è, in effetti, aggressiva e fuori dal coro, disposta a correre rischi e spingere barriere, cose che la gente spesso pensa che le donne potrebbero non essere disposte a fare”, ha detto Thebaud.
Vale la pena notare che su alcune piattaforme, come ad esempio Kickstarter, è più probabile che il denaro sia destinato alle donne più che agli uomini. Tuttavia, i risultati di Thebaud sono contraddittori: suggeriscono che i founder di sesso femminile sono in media svantaggiate nel foundraising a meno che le loro idee non siano strabilianti. In genere mentre alcuni progetti sono oggettivamente rivoluzionari, la maggior parte (su Kickstarter, ndt) sono progetti non particolarmente attraenti, ma che risultano più produttivi in termini di utili per i loro finanziatori. Per ogni nuovo Facebook proposto, ci sono decine di pizzerie noiose, ma redditizie, o sistemi di software di gestione dell’inventario. In questo caso, a quanto pare, le donne non sono prese seriamente quando presentano i propri progetti.
Balachandra ha recentemente condotto uno studio che ha fatto sponda con i risultati di Thebaud. Per la sua ricerca, che è attualmente in fase di revisione per la pubblicazione, Balachandra ha esaminato come i venture capitalist hanno reagito ad un pitch di un minuto di startup maschili e femminili impegnate in diversi campi produttivi. Il fattore principale che ha determinato se gli imprenditori avevano successo era come essi si comportavano. I founder – sia uomini che donne – che si presentavano virili, decisi, forti e audaci avevano molte più probabilità di ottenere i finanziamenti per le loro iniziative. Quelli che si comportavano secondo lo stereotipo femminile, che per la squadra di Balachandra significava aver avuto atteggiamenti più leggeri, più gentili e più entusiasti, tendevano a non ottenere il finanziamento. È importante sottolineare che non c’era divario di genere: le donne virili risultavano migliori rispetto agli uomini “femminili”.
Balachandra pensa che la spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che i venture capitalist tendono a investire nelle persone che sono simili a loro e tutti. Gli investitori spendono molte risorse in corsi di formazione, in modo da dare priorità a quel tipo di relazione chimica fraterna che nasce dall’interazione con una persona dello stesso sesso. “Un venture capitalist dirà, ‘voglio investire soltanto su qualcuno con cui posso andare a cena’” ha detto Balachandra.
Cosa c’è di più, le imprenditrici spesso presentano progetti che si rivolgono più alle donne che agli uomini e i venture capitalist uomini semplicemente non si preoccupano di comprenderli.
Balachandra dice che una soluzione può essere quella di formare più venture capitalist donne ed evitare che quelle che esistono rinuncino a continuare. Quando lavorava nel settore negli anni ’90, ha organizzato un network per gli investimenti femminili nella sua zona. “Nessuna delle donne – ha detto – continua ancora a lavorare nel settore dei capitali di rischio. E – ha aggiunto – bisogna formare gli investitori maschi a scovare le imprenditrici che sono davvero degne del loro tempo e denaro”.
Foto: Bruce / Flickr