Il settore culturale è stato duramente colpito dalla crisi sanitaria ed economica: ICOM (International Council of Museum – ha stimato perdite economiche per il solo settore museale a livello globale, nel 2020, tra il 75 e l’80%. A livello nazionale, Federculture ha evidenziato come nel primo anno di pandemia i siti museali pubblici italiani abbiamo riscontrato una perdita media di visitatori pari al 75,6% rispetto all’anno precedente, mentre il 62% delle imprese del settore culturale ha dichiarato impatti negativi sui bilanci fino al 60% e il 70% delle strutture ha dovuto ricorrere a fondi di integrazione salariale oppure a misure di licenziamento. La situazione è stata certamente aggravata dal calo di turisti stranieri e a soffrire di più sono state proprio le grandi strutture museali che hanno tradizionalmente investito più nel target extra-Italia piuttosto che sui visitatori locali.
Le soluzioni digitali, le resistenze e le criticità
Già a partire dal 2020 molti musei hanno iniziato a implementare soluzioni digitali per avvicinare maggiormente il pubblico, tuttavia le resistenze e le criticità strutturali non mancano come evidenzia il 12° Rapporto Civita Next Generation Culture. Il passaggio al digitale, infatti, per alcune strutture non è stato accompagnato da una strategia né definito con l’ausilio di figure professionali specializzate e con competenze adeguate. Mancano, inoltre, piani di investimento a medio e lungo termine, soprattutto nei musei di piccole e medie dimensioni: la causa è certamente da ritrovarsi nella mancanza di risorse economiche necessarie al passaggio al digitale e l’auspicio è che i musei sappiano strutturarsi per implementare e utilizzare correttamente i sistemi digitali oggi disponibili.
Non solo investimenti, ma anche formazione e attenzione alle nuove professioni: l’indagine “Extended Experience: la sfida per l’ecosistema culturale” realizzata dall’Osservatorio Innovazione Digitale sui Beni e le Attività Culturali del Politecnico di Milano ha evidenziato come il 51% dei musei non si affidi a professionisti con competenze digitali. A questo dato, tuttavia, bisogna affiancare i numeri decisamente positive delle nuove opportunità lanciate dal digitale e colte dal settore: oggi il 95% dei musei ha un sito web, l’83% un account ufficiale sui social, quasi la metà offre laboratori e attività didattiche online, il 69& ha digitalizzato la propria collezione e il 13% si è lanciato nella produzione di podcast. Sarà perciò dirimente inquadrare queste prime, ma significative, azioni in una pianificazione d’insieme e in logiche a lungo termine.
Le buone pratiche da cui prendere esempio
A livello globale, sono tante e disparate le iniziative messe in atto per reagire al declino degli indicatori di benessere del settore culturale. Tra queste, troviamo le aperture delle porte virtuali del Louvre che, durante il lockdown del 2020, è riuscito ad aumentare le visite giornaliere sul web passando da 40mila a 400mila, ricevendo così in un solo mese tanti visitatori virtuali quanti ne aveva accolti fisicamente nell’intero 2019.
La National Gallery ha invece dichiarato di voler ambiziosamente portare nel futuro l’istituzione nei prossimi cinque anni, attraverso progetti incentrati su inclusione, responsabilità ambientale e progetti infrastrutturali come un nuovo centro di ricerca. I risultati delle prime azioni messe in campo sono già visibili: tra il 2020 e il 2021 la portata digitale della Nation Gallery è cresciuta del 50%.
I grandi musei sono certamente stati in grado di fornire contenuti digitali in maniera più facile rispetto alle piccole realtà, ma queste esperienze virtuose possono essere d’esempio: il potere del virtuale, infatti, risiede nella capacità di intrattenere e offrire al pubblico contenuti attinenti alle proprie abitudini di consumo e fruizione, anche attraverso l’applicazione di soluzioni di Customer Relationship Management.
Il digitale può dimezzare i tempi di ripresa del settore culturale?
Il settore culturale sta affrontando una trasformazione epocale e gli indicatori globali ci consentono di stimare che, grazie al digitale, i musei possano accelerare la ripresa e il ritorno ai livelli pre-pandemia nella metà del tempo che sarebbe stato altrimenti necessario. Una delle più preziose eredità di cui fare tesoro sarà proprio la cultura virtuale, divenuta nuova modalità di consumo e intrattenimento. I contenuti culturali, fisici e virtuali, sono perciò destinati a coesistere e la vera sfida sarà sfruttare questa tendenza orientando energie e risorse nel passaggio al digitale.