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Il turismo che verrà

26 Apr 2021 | Turismo

Il nostro bel Paese si prepara all’arrivo della bella stagione e, con essa, dei flussi turistici. Quest’anno, tuttavia, le bellezze paesaggistiche, storiche ed enogastronomiche da sole non basteranno. Uno studio condotto da Giaccardi&Associati ha analizzato i cambiamenti nella domanda e le buone pratiche da mettere in campo.
Partiamo con ordine. L’emergenza sanitaria e la crisi climatica hanno generato un nuovo assetto, portando alla chiusura – seppur momentanea – del 30% degli hotel e lasciando senza lavoro più di 400mila persone.
Secondo la ricerca su “Turismo & Salubrità”, inoltre, l’offerta turistica cui eravamo abituati non è più sufficiente perché il nuovo paradigma delle vacanze passa per la felicità e la rigenerazione. I viaggiatori desiderano arrivare a destinazione in maniera sicura e sono attenti alla sostenibilità ambientale, ma anche sociale rispetto alle comunità che li accolgono. Sono perciò necessari nuovi pilastri – cinque, per la precisione – su cui poggiare il nuovo concetto di antifragilità, la capacità cioè di reagire a fattori esterni per le destinazioni turistiche e le imprese, da attuare attraverso una programmazione post-pandemia inedita.

Quali sono quindi questi pilastri?
Si tratta della consapevolezza dei rischi, della conoscenza delle nuove esigenze e sensibilità della domanda, della sostenibilità, del bisogno di socialità e dell’integrazione tra green e digital. La voglia di tornare a partire è tanta e gli operatori turistici dovranno essere pronti a basare le nuove strategie sul giusto mix tra ricerca del bello, sicurezza, sostenibilità e reputazione. Viaggiano già in questa direzione il green pass e le policy Iata e CE, come anche le proposte dell’Osservatorio Business Travel del Politecnico di Milano e i trend della Vision+21 “Scientific Well Being”.

A che punto siamo?
La ricerca ha preso in esame 72 casi studio, in Italia e in Europa. Tra le città già pronte a soddisfare le nuove esigenze dei viaggiatori troviamo Vianna, Amsterdam, Berlino, Oslo e Parigi, che vedono nel turismo un asset strategico dell’economia e mettono al centro la sostenibilità con, per esempio, trasporti pubblici elettrici da energia non fossile, rispondono al bisogno di sicurezza con strutture sanitarie integrate e al bisogno di socialità con iniziative e tecniche partecipative.
In Italia invece è evidente la mancanza di programmazione. Il turismo appare come economia strategica solo in 4 delle 14 realtà esaminate (BariBolognaCagliariCatania, Firenze, GenovaMessinaMilanoNapoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino, Venezia), la sostenibilità non viene messa al centro e in ben 3 casi non vi è alcuna visione. Nelle città d’arte prese in esame (Ascoli Piceno, Assisi, Asti, Cuneo, La Spezia, Lecce, Lucca, Macerata, Mantova, Modena, Novara, Parma, Pavia, Perugia, Pisa, Siena, Trento, Verona, Vicenza, Viterbo), invece, il turismo è visto come economia strategica ma non viene poi enfatizzato nelle pratiche.

Le prospettive di 500mila imprese e di più di 4 milioni di persone impiegate nella filiera turistica allargata non possono più aspettare: con la bella stagione alle porte, il tema centrale dovrà essere ascolto, programmazione e rinnovamento.

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